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Camminare a lungo vi renderà felici. E senza pagare niente

 

Ci sono dei giorni in cui mi sveglio presto, all'alba, e sento che il mio corpo si è destato per dirmi che ha urgenza di uscire all'aria aperta e camminare. Un uomo che non cammina, mi ha detto una volta un medico, è un corpo che alimenta la sua necrosi: i tessuti muoiono, vasti strati di cellule non vengono alimentati, l'organismo intero deperisce come un albero senza linfa. In quei giorni indosso abiti comodi, scarponi dalla suola grossa, butto in uno zaino una borraccia e una piccola scorta di cibo e sono pronto. Il resto viene da solo: l'aria che ti circonda interamente, il vento che accarezza la tua testa, il tuo respiro che in breve temo osi adegua ad un ritmo dei passi che è la cosa più naturale che tu possa fare. Gli scienziati spiegano tutto con relazioni neuronali, reazioni chimiche, endocrine e sinapsi. La verità è che camminando si appartiene alla storia dell'umanità, si è interamente immersi nel flusso della storia più profonda, si ritorna alle radici del nostro distaccarci dall'animale per diventare civili. Vi siete mai chiesti quanto a lungo siete in grado di camminare? Ne ero curioso, e spesso mi sono messo alla prova partendo semplicemente da casa mia per percorrere distanze che non avrei mai creduto di essere in grado di superare. Ma soprattuto ho scoperto una cosa molto semplice: più cammino, più penso. E la qualità di questo pensiero è infinitamente migliore di ogni altro pensiero mi venga seduto alla scrivanie. Camminare ha a che fare con il ritmo, il ritmo con la natura, la natura con la poesia, la poesia con l'amore, l'amore con la felicità. E dunque lasciatemi svelare il primo segreto: camminare a lungo vi renderà felici. Stupendamente, completamente felici. E gratis.

Un piccolo pezzo, per assaggiare

ABBIAMO PERDUTO IL PIACERE DI CAMMINARE?

 

Basta poco per riscoprirlo: come ci racconta Gigi Zoppello, accade anche perché l'auto si rompe e si va al lavoro a piedi. E ci si prende gusto, fino a fare

280 chilometri in Trentino

 

La gente non si ricorda più come si fa a camminare. Se chiedi a un ragazzo quanto tempo ci si mette ad andare da un paese all'altro, ti risponde: "Cinque minuti, in macchina". Così si perde il senso del viaggio, si perdono i nomi delle località, la memoria dei percorsi, la storia di una comunità e infine anche la capacità di stupirsi di quello che ci circonda. Quel che si vede è il parabrezza dell'auto, ed uno sfondo in perpetuo movimento. Come lo schermo di un televisore o di un computer.

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